Se non vivi non scrivi

E' una sorta di "black out" quello che ti può colpire. Secondario al lock down la paralisi di fronte al foglio bianco ha offuscato fantasie, privando molti scrittori di idee e spunti di riflessione. Me compresa. Oh non per tutti certo. Ci sono scrittori che in tutto questo periodo hanno invece ritrovato la vivace e colorita creatività e hanno prodotto dei veri capolavori. Bukowski diceva però che sarebbe stato meglio scrivere del blocco dello scrittore che non scrivere affatto.  

Nonostante qualcuno avesse posto l'attenzione ai fatti di cronaca o avesse speso del tempo per la navigazione sui social, il cursore criminale attendeva i battiti sulla tastiera di un tablet impolverato invano. Il "blocco dello scrittore" è un fenomeno, che vede le sue cause anche nella eccessiva autocritica, nella paura di essere respinti, nella perdita di autostima o nella difficile elaborazione di eventi particolarmente stressanti, come i lutti, i cambiamenti lavorativi o della coppia. Il blocco può colpire più volte, alimentato dal fatto di non poter vivere la normale quotidianità, fatta di relazioni, abbracci e libertà, confronti, stimolazioni visive, emozioni. Come in questa pandemia. Limite e ostacolo alla creatività per alcuni. Fatta salva una scampagnata per i campi e lo sfogo che si può trovare sporcandosi le mani di terra tra petunie e pomodori nei lavoretti di giardinaggio, il resto della giornata potrebbe svolgersi con molta pesantezza e annebbiamento della razionalità. 

Può essere colpa del Burn Out? Pronunciamo la parola con decisione, come se qualcuno avesse alzato di colpo il volume del mondo. Letteralmente significa "bruciati dentro", consumati dall'ansia e dallo stress del lavoro. Sparute rughe possono fare nuova comparsa. Molte volte siamo così presi dall'incedere del fare che ci chiediamo come sia possibile avere il tempo di elaborare la rabbia ad esempio, verso quel collega esigente che comprende cosa significhi stare dentro una fabbrica dieci ore al giorno ma non comprende te. Vorremmo avere sempre una spalla su cui versare le lacrime tristi e due braccia che avvolgono la nostra felicità, quando arriva. O uno spazio tutto nostro, nella nostra casa, dove vestire altri panni e, con altre modalità, esprimere l'altra faccia di noi stessi. No, non ti è permesso se lavori nel pubblico. Ci pensa sempre qualcuno a farti fuori. A meno che la faccia che ti appiccichi addosso non sia di plastica, con un sorriso di medio basso impatto, e due occhi a cuore senza tanti scintillii dell'iride. Tra un naso tappato e una bocca di filo passafilo.  

E allora anche il "burn out" spegne le idee. Insieme ai Gautier di turno. "Detesto le donne che fanno il bagno nell'inchiostro blu" dichiarava lo scrittore pungente e sessista. E' cosi' che alcuni mondi trattano le donne la cui penna originale può muovere le masse. Al contrario, negli uomini, l'originalità in punta di penna è considerata sempre un merito. 

Dunque dal blocco dello scrittore se ne esce continuando a scrivere? Certo, lo dicono gli esperti. Magari una singola frase, postando una foto. Sempre che non comprometta l'immagine del tuo capo. Lo si impara sulla propria pelle la potenza di una foto. La stessa pelle che sa orripilare, sudare, arrossire. Quella pelle che può scottarsi nella libertà del sole in pieno campo, mentre qualcuno ti riprende per una story da postare su Instagram. O la stessa pelle che si raffredda come il ghiaccio in un istante, per la vasocostrizione da pressione alta, dopo la telefonata di chi quella story te la fa cancellare. Che il blocco dello scrittore è per qualcuno quel lucchetto che ti hanno messo gli altri buttando via la chiave.




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